Il neglect spaziale (definito anche eminattenzione, eminegligenza o agnosia spaziale unilaterale) è il termine comune usato per definire un disturbo cognitivo che può presentarsi dopo una lesione del cervello, in particolare dell’emisfero destro. Nella maggior parte dei casi si verifica in conseguenza di un ictus cerebrale. Il disturbo consiste nella ridotta capacità a orientarsi verso il lato opposto a quello dell’emisfero del cervello dove si è verificata la lesione. Poiché di solito è l’emisfero destro che comporta il neglect, l’emispazio più frequente verso cui la persona non riesce a porre attenzione è il sinistro. Quello che succede è che la persona avrà una ridotta tendenza a esplorare e a rispondere a stimoli provenienti da tale regione dello spazio. Il neglect non è un disturbo solo visivo, seppur questa forma è la più frequente e studiata, ma la persona potrebbe ignorare anche stimoli uditivi, tattili, olfattivi. Ricordiamoci che non si tratta di un disturbo sensoriale primario, dunque la persona ha integre le capacità di percezione. Nella pratica clinica, quello a cui assisteremo è un insieme di fenomeni particolari e molto variegati: la persona con neglect potrebbe leggere solo una parte del testo, mangiare solo una parte del cibo nel piatto, ignorare le persone che gli si rivolgono da sinistra, non riuscire a camminare bene perché ignora parte degli ostacoli. Il neglect deriva da una disfunzione dell’ampio e complesso circuito cerebrale dell’attenzione, dipendente da un danno strutturale di una regione cerebrale specifica.
Cause del neglect: qual è la zona del cervello che viene danneggiata?
I dati sulla neuroanatomia del neglect sono controversi, in quanto sono state associate a questo disturbo cognitivo un certo numero di lesioni cerebrali differenti. Le controversie nei correlati anatomici del neglect spaziale sono collegati al fatto che i sintomi, che includiamo tutti nella definizione più ampia di sindrome da neglect, possono essere molto diversi tra loro. Lesioni diverse possono colpire aspetti differenti della cognizione spaziale e possono condurre a profili clinici molto differenti tra loro, mentre alcune manifestazioni cliniche non possono essere rilevate neanche dai test cognitivi e clinici più fini. A paragone con altri sistemi cerebrali, come quello del movimento e del linguaggio, in quanto più “centrati” su nodi specifici, l’attenzione spaziale è pesantemente dipendente dall’integrità e efficienza dell’intero sistema cognitivo. Dunque, per spiegare l’anatomia e il recupero del neglect, non è solo la parte danneggiata del sistema che va considerata, ma anche la parte risparmiata, che determina come e in che misura la lesione può essere compensata.
Un interessante studio del 2016 di Roza M. Umarova ha cercato di trovare una risposta a questi interrogativi con il concetto di riserva cognitiva e cerebrale. Questi termini nascono per spiegare la variabilità inter-individuale in risposta ai cambiamenti cerebrali. La riserva cerebrale e cognitiva rappresentano rispettivamente l’hardware e il software che compensano al danno dell’ictus. La riserva cerebrale che il paziente ha può dipendere da diversi fattori, come il volume intracraniale totale, la presenza di patologie pregresse, come ictus precedenti o la presenza di atrofia cerebrale. La riserva cognitiva è definita come la funzionalità derivante dalle attività intellettuali della vita di una persona, come il lavoro, la scuola o un hobby stimolante, che modellano l’efficienza del cervello, determinandone capacità e flessibilità. Dopo un ictus, si attiva un meccanismo di reclutamento di aree cerebrali secondarie, addizionali a quelle lesionate, per recuperare l’abilità danneggiata. Il corretto funzionamento di questo meccanismo dipende dalle proprietà e integrità di questi centri corticali e dalla loro connettività, e quindi dall’avere una buona riserva cognitiva e cerebrale.
Neglect e funzioni cognitive spaziale e non-spaziali
Il neglect è associato con deficit di altre funzioni cognitive, alcune connesse al processo di cognizione spaziale, come ad esempio deficit nella working memory spaziale, con effetti sulla ricerca visiva, attenzione sostenuta per la localizzazione spaziale, e tempi eccessivamente lunghi per la ricerca di uno stimolo. Oltre all’elaborazione spaziale inefficiente, potrebbero insorgere anche deficit in funzioni cognitive non spaziali. Queste includono l’allerta ridotta, deficit di attenzione selettiva, ridotta capacità attentiva, difficoltà nel funzionamento cognitivo generale, una performance povera nella memoria episodica, working memory/calcolo, prassia costruttiva. Al contrario, non sono state trovate differenze nell’attenzione sostenuta e divisa tra pazienti con e senza neglect.
Deficit cognitivi non spaziali possono interagire con i deficit spaziali e giocare un ruolo importante nel determinare la severità e la durata del neglect. Come si spiega questa influenza? Una teoria considera che il neglect dipenda dalla perdita fondamentale della più vasta capacità attentiva, e quindi induce ulteriori difficoltà cognitive ad essa connesse. Un’altra teoria spiega che i deficit delle funzioni cognitive non spaziali nel neglect dipendono dal danno a comuni strutture del cervello, che elaborano sia processi spaziali che non-spaziali. In accordo con il concetto di riserva cerebrale e cognitiva, entrambe le spiegazioni sono possibili. Pazienti con riserva cognitiva e cerebrale elevate ma neglect severo possono presentarsi con un deficit non spaziale dovuto a un danno ai centri comuni per attenzione spaziale e altre funzioni cognitive. Il miglioramento del neglect potrebbe essere raggiunto con un intenso training delle funzioni spaziali. Al contrario, anziani con ictus o coloro con neurodegenerazione accelerata con apparentemente lesioni non critiche possono soffrire di neglect e presenteranno una perdita importante della capacità attentiva. Questo squilibrio spaziale non trarrà vantaggio dalla riabilitazione spaziale, ma piuttosto di un training sulle capacità attentive, ad esempio sull’allerta e attenzione sostenuta.
Bibliografia
Umarova, R. M., Adapting the concepts of brain and cognitive reserve to post-stroke cognitive deficits: Implications for understanding neglect, Cortex (2016)